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Self Compassion

Cos'è la Self Compassion

Avere compassione per sé non è molto diverso rispetto a provare compassione per gli altri. Self-Compassion, gentilezza, amico.
La prima cosa che serve per poter provare compassione verso gli altri è accorgerci che stanno avendo un momento di difficoltà. Se ignoriamo l’anziana signora che sta salendo le scale del palazzo con due grosse sporte della spesa, diventerà impossibile provare compassione per la fatica che sta facendo, e sarà difficile eventualmente aiutarla.

 

Compassione significa venire toccati dalla sofferenza altrui e risponedere a questo dolore (la parola compassione significa “soffrire assieme”, dal latino cum pati). Quando questo accade, nasce in noi il desiderio di prenderci cura e di aiutare in qualche modo la persona che sta soffrendo.

Avere compassione significa anche offrire comprensione e gentilezza agli altri quando sbagliano, invece che giudicarli con durezza.

Infine, quando proviamo compassione (e non semplicemente pietà) per un’altra persona, ci rendiamo conto che sofferenza, errori e imperfezioni fanno parte di un’esperienza umana comune e condivisa.

La self-compassion porta ad avere un atteggiamento di comprensione e di sostegno, lo stesso che potremmo avere con un caro amico che sta passando un momento difficile, un fallimento o che si giudica in modo negativo. Invece di ignorare il dolore con un’alzata di spalle, fermiamoci a dire: “è proprio difficile questo momento! …Come posso prendermi cura di me e darmi un po’ di conforto in questo momento?”.

Invece di giudicarci e criticarci senza pietà per tutti i nostri errori e per tutti i comportamenti inadeguati, tramite la self-compassion possiamo essere gentili e comprensivi proprio quando siamo messi di fronte ai nostri sbagli e fallimenti- d’altra parte, chi ha mai detto che dobbiamo essere perfetti?

Possiamo motivarci a cambiare e portarci a scegliere abitudini più salutari – quelle che ci fanno stare bene e che ci rendono felici – perché abbiamo a cuore il nostro benessere e non perché ci sentiamo inutili e non desiderabili.

Cosa ancora più importante, provare compassione significa onorare ed accettareil nostro essere umani. Le cose non andranno sempre per il verso giusto, andremo incontro a frustrazioni e a perdite, ci capiterà di sbagliare, sbatteremo contro i nostri limiti e non saremo all’altezza dei nostri ideali. Questa è la condizione umana, una realtà che appartiene a tutti. Quanto più riusciremo ad aprirci a questa realtà senza combatterla in continuazione, tanto più saremo in grado di provare compassione per noi stessi e per tutti gli esseri umani.

“Attraverso la self-compassion, portiamo a noi stessi quella gentilezza e quella cura che potremmo offrire a un caro amico”

I tre elementi che costituiscono la self-compassion sono: gentilezza verso se stessi, senso di umanità comune e mindfulness.

Gentilezza verso se stessi

La self-compassion comporta l’essere gentili e comprensivi con noi stessi nel momento in cui soffriamo, quando sbagliamo o ci sentiamo inadeguati, invece di ignorare questo dolore o di crocefiggerci con autocritica. Chi pratica la self-compassion riconosce che è inevitabile l’essere imperfetti, fare errori e fare esperienza di tutte le difficoltà della vita e questo porta ad essere gentili con se stessi tutte le volte che si fa esperienza di dolore, invece di arrabbiarci quando la vita non ci da quello che vorremmo. Non si può avere sempre quello che si desidera e nemmeno essere sempre come si vuole. Nel momento in cui neghiamo e proviamo a combattere questa realtà della vita, la sofferenza aumenta sotto forma di stress, frustrazione e autocritica. Quando, invece, accettiamo quello che è ci è successo con gentilezza e affetto, faremo esperienza di un maggiore equilibrio emotivo.

Senso di umanità comune

Il senso di frustrazione che sorge quando le cose non vanno esattamente come vorremmo è accompagnato di frequente ad una sensazione – irrazionale ma pervasiva – di isolamento, come: “Io sono l’unico a soffrire o a sbagliare così tanto”. In realtà tutti gli esseri umani soffrono. La definizione stessa di “umano” comprende imperfezione e vulnerabilità. Ne consegue che la self-compassion implica il riconoscere che la sofferenza e il senso di inadeguatezza che ci accompagnano sono parte di un’esperienza umana condivisa, qualcosa che tutti incontriamo e non qualcosa che capita solo a noi. Quando invece riusciamo a riconoscere la nostra comune umanità, gli sbagli e le difficoltà della vita non vengono presi in modo così personale, ma possono essere vissuti con maggiore comprensione e una compassione senza giudizio.

Mindfulness

La self-compassion implica anche l’avere un atteggiamento equilibrato verso le emozioni negative, in modo che le sensazioni e i sentimenti che nascono non vengano nè esagerati nè sminuiti o soppressi. Questo atteggiamento equanime dipende dal riuscire a mettere in relazione la nostra esperienza con quella di altre persone che soffrono, in modo da riuscire a vedere la nostra situazione in una prospettiva più ampia. Questa equanimità deriva anche dall’intenzione di voler osservare pensieri ed emozioni negative in modo aperto e onesto, così da poterli tenere con noi nella consapevolezza della mindfulness. La mindfulness infatti, può venire definita come uno stato mentale accogliente in cui osserviamo sensazioni e pensieri esattamente così come sono, senza giudizio e senza provare a sopprimerli o far finta che non esistano. Se ignoriamo il nostro dolore, diventerà impossibile offrirci un po’ di compassione. Inoltre la mindfulness ci aiuta a non “sovraidentificarci” con pensieri e sensazioni, che altrimenti ci coinvolgerebbero a tal punto da portarci ad avere reazioni impulsive ed esagerate.

Sebbene la self-compassion e l’autostima possano sembrare simili, ci sono molte differenze. L’autostima fa riferimento alla stima che abbiamo di noi e alla percezione di quanto valiamo o di quanto ci piacciamo. Mentre non c’è dubbio sul fatto che avere poca autostima sia un problema che spesso conduce a depressione e a scarsa motivazione, anche avere un’autostima alta può diventare un problema. Nella nostra cultura occidentale l’autostima si basa spesso su quanto siamo diversi dagli altri, su quanto siamo al di sopra della media o su quanto siamo speciali. A noi però, non basta essere nella media, dobbiamo andare oltre per riuscire a sentirci bene con noi stessi. Questo significa che i tentativi di aumentare la nostra autostima spesso conducono a comportamenti narcisistici e di totale centratura su di sé, oppure a svilire e disprezzare glialtri, proprio per sentirci meglio di loro. Inoltre e come conseguenza, ci arrabbiamo e diventiamo aggressivi verso chi dice o fa qualche cosa che può farci sentire male con noi stessi. Il bisogno di avere molta autostima può spingerci a nascondere, ignorare, falsificare o deformare i nostri errori, impedendoci di vederci per come realmente siamo, con chiarezza e onestà. Inoltre il livello di autostima dipende dal nostro ultimo successo (o dall’ultimo fallimento), con una continua oscillazione a seconda delle circostanze della vita che si modificano continuamente.

Al contrario dell’autostima, la self-compassion non è basata sull’autovalutazione. Le persone provano compassione per se stesse semplicemente perché tutti gli esseri umani meritano compassione e comprensione e non perché hanno certe caratteristiche(bellezza, intelligenza, talento e così via). Grazie alla self-compassion non abbiamo bisogno di sentirci meglio degli altri per poter stare bene con noi stessi. Inoltre la self-compassion ci consente di avere una grande chiarezza interiore perché i propri sbagli possono essere riconosciuti e accolti con gentilezza, anziché essere tenuti nascosti. Infine la self-compassion non dipende da circostanze esterne ed è sempre a nostra disposizione, soprattutto quando sentiamo di aver fallito. Gli studi clinici dimostrano che, rispetto all’autostima, la self-compassion si associa ad un maggior grado di resilienza emotiva, ad un concetto di sé più accurato, ad una maggior cura delle relazioni e a minori livelli di narcisismo e di rabbia reattiva.

Self-Compassion non è auto-compatimento

Chi si compatisce è del tutto immerso nel proprio problema e si dimentica che anche gli altri possono avere un problema simile. Di conseguenza, ignora completamente la connessione con gli altri, perché ritiene di essere l’unico al mondo a soffrire. L’auto compatimento porta ad aumentare il senso di separazione dagli altri e ad esagerare in modo egocentrico la misura della nostra sofferenza. La self-compassion invece, ci consente di osservare la relazione tra le nostre esperienze e quelle altrui senza farci sentire isolati e scollegati dal resto delle persone. Inoltre le persone che si compatiscono vengono spesso assorbite completamente e avviluppate dal loro dramma e non sono in grado di fare un passo indietro rispetto alla loro situazione, così da poterla vedere in modo più obbiettivo ed equilibrato. Al contrario, il punto di vista di chi prova compassione per gli altri (e prova ad esserlo anche verso di sé), consente di avere uno spazio mentale in cui vedere la propria esperienza di vita – e tutto quello che ci capita – in un contesto più ampio (“Sì, è proprio difficile stare con questa esperienza, ma c’è tanta gente che soffre molto di più…”, “Forse non vale la pena prendersela così tanto….”)

La self-compassion non è auto-indulgenza.

Molte persone dicono di non voler essere compassionevoli con se stessi perché temono che questo li porti a lasciarsi andare del tutto “Oggi non ce la faccio più, voglio essere gentile con me stesso, quindi passerò tutto il giorno guardando la TV e mangiando mezzo chilo di gelato”. Questo modo di fare è auto-indulgenza, non auto compassione. Al contrario, provare compassione per sé significa ricercare una felicità e un benessere non a breve termine. Molte volte un piacere momentaneo può fare male alla salute (come ad esempio fare uso di droghe, mangiare oltre misura o avere una vita molto sedentaria) mentre provare a raggiungere uno stato di benessere e salute comporta spesso un certo grado di fatica (come smettere di fumare, seguire una dieta o fare sport). Di solito diventiamo molto duri con noi stessi quando proviamo a mettere in pratica un proposito di questo genere, soprattutto perché abbiamo paura di non farcela e quindi provare vergogna per questo fallimento per poi finire ad autoflagellarci per la nostra debolezza. Come conseguenza ce la prendiamo con noi in modo molto duro. Questo è un atteggiamento che spesso si ritorce contro di noi, perché poi non riusciamo ad affrontare le nostre verità più difficili, per paura di odiarci quando vediamo qualcosa di noi che non ci piace. Quindi la nostra debolezza può rimanere nascosta nel tentativo inconscio di evitare l’autocensura o l’autoflagellazione. Al contrario, il prendersi cura di noi con compassione ci regala sia una forte motivazione al cambiamento e alla crescita personale, sia quella sicurezza necessaria a vedere se stessi in modo chiaro, senza paura e senza autocondanna.

Auto-indulgenza

Per sapere di più su questo argomento, c’è questo articolo di Kristin Neff sulla rivista Psychotherapy Networker, riguardo ai “Cinque miti della Self-Compassion”.

Mindful Self-Compassion (MSC) è un corso costruito sulla base si numerose evidenze photo-1466298356323-f84bed7b3475scientifiche della durata di 8 settimane e che ha come scopo l’aumento delle proprie capacità di self-compassion. Questo corso è stato pensato e progettato da Christopher Germer, PhD, uno dei principali esponenti dell’unione tra mindfulness e psicoterapia (www.MindfulSelfCompassion.org) e da Kristin Neff, PhD, una ricercatrice pioniera nell’area della self-compassion (www.Self-Compassion.org). Le molte evidenze scientifiche (qui trovate gli articoli full text: http://self-compassion.org/the-research/) ci mostrano che la self-compassion è fortemente legata al benessere emotivo, alla capacità di adattarsi agli eventi della vita, abbassa il livello di ansia e di depressione, aiuta ad adottare abitudini più salutari con più facilità – come ad esempio fare esercizio fisico o seguire una dieta – ed è correlata  all’avere relazioni interpersonali più soddisfacenti. È una forza interiore che ci consente di abbracciare il nostro essere umani, di riconoscere i nostri errori, di imparare da questi e di fare i cambiamenti che ci sono necessari con un atteggiamento di gentilezza e rispetto verso noi stessi. LaMindful Self-Compassion ha un potere terapeutico ma non è una terapia! Il programma si concentra sulla crescita delle proprie risorse emotive, in modo da poter affrontare le emozioni difficili, sia vecchie che attuali. La self-compassion non è soltanto un coltivare consapevolezza quanto un allenamento ad una consapevolezza piena di compassione, in cui viene enfatizzata più la qualità dell’affetto e del calore umano che non la consapevolezza stessa.   Cosa aspettarsi dal corso Durante il corso Mindful Self-Compassion si imparerà a:
  • Praticare mindfulness e self-compassion nella vita quotidiana
  • La scienza che sta dietro la self-compassion
  • Utilizzare la self-compassion per vivere in accordo con i propri valori
  • Affrontare le emozioni difficili con più serenità
  • Motivarsi attraverso la gentilezza invece che attraverso la critica
  • Lavorare sulle relazioni difficili
  • Gestire la fatica di chi accudisce altri (caregivers)
  • Praticare l’arte di assaporare ed apprezzare se stessi
  • Insegnare alcune semplici esercizi di self-compassion ad altri

Questo programma è rivolto a tutti. Non è necessaria una precedente esperienza di meditazione per poter partecipare.  Tutti sono benvenuti!

© Christopher Germer & Kristin Neff. Mindful Self-Compassion. Aprile 2015.  Tutti i diritti riservati. Per ottenere il permesso di utilizzare qualsiasi parte del materiale contenuto in questa dispensa, per favore contattare il Center for Mindful Self-Compassion / www.CenterForMSC.org. per la versione italiana fare riferimento a Marco Tosi marco.tosi@mindfulselfcompassion.it
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